Trauma e sviluppo psicologico
Autore: Ilaria Rusignuolo | Psicologia Clinica | Psicologia del Trauma
30 Aprile 2025

Il trauma infantile: una ferita che non si esaurisce

Il trauma infantile non si esaurisce con l’infanzia, ma può emergere in forme diverse nelle fasi successive della vita. L’intervento di primo livello, volto alla protezione e alla messa in sicurezza del minore (nei casi gravi di maltrattamento e grave trascuratezza), è essenziale per contenere il danno immediato. Ma è il lavoro di secondo livello, quello dell’elaborazione, che permette al bambino di non restare imprigionato nel trauma, evitando che diventi un nucleo patologico stabile.

Molti tendono a pensare che il trauma sia un evento circoscritto nel tempo, ma in realtà può essere latente e manifestarsi in maniera più intensa in momenti di transizione, come l’adolescenza e il passaggio all’età adulta. È proprio in questi periodi di cambiamento, in cui la struttura identitaria si ridefinisce e le richieste della vita diventano più complesse, che le ferite del passato possono riaffiorare con forza, generando sintomi ansiosi, depressivi o difficoltà relazionali.

Quando si parla di trauma e adolescenza, si apre una finestra complessa e delicata.

L’adolescenza è un terreno fertile di trasformazioni psicologiche, fisiologiche ed emotive. È il tempo in cui il giovane cerca di comprendere chi è, quale sia il suo posto nel mondo. Se però il bagaglio che si porta dentro è gravato da esperienze traumatiche non elaborate, il compito evolutivo può trasformarsi in una fonte di grande sofferenza.

Ad esempio, Luca (nome di fantasia), 16 anni, apparentemente ben inserito a scuola, arrivò in terapia per episodi di ansia paralizzante e un crescente isolamento. Nessun evento traumatico recente sembrava giustificare il suo stato, ma scavando nella sua storia emerse una trascuratezza affettiva profonda vissuta durante l’infanzia. L’adolescenza, con la sua richiesta di autonomia e autodefinizione, aveva riattivato antiche paure di non essere visto né riconosciuto.

In casi come questo, la relazione terapeutica, e in particolare l’approccio EMDR, si rivela estremamente efficace. Attraverso l’elaborazione delle memorie traumatiche, Luca ha potuto riconnettersi con le sue emozioni bloccate, rielaborarle e ritrovare fiducia nelle sue risorse interne.

Può accadere, dunque, che trauma e adolescenza si intrecciano silenziosamente, generando nuovi livelli di sofferenza che, se non riconosciuti e trattati, possono consolidarsi nell’età adulta.

La necessità di un intervento su misura

Non basta proteggere un bambino in situazione di rischio; è fondamentale anche aiutarlo a dare un senso a ciò che ha vissuto. Questo processo di elaborazione, che chiamiamo intervento di secondo livello, diventa ancora più importante man mano che il bambino cresce.

Nel periodo adolescenziale, spesso è necessario riaprire uno spazio di ascolto e rielaborazione: ciò che era stato accettato o rimosso da bambino può non essere più sufficiente per integrare in modo sano l’esperienza traumatica.

Anna, ad esempio, una giovane donna di 20 anni, arriva in terapia lamentando un senso costante di vuoto e relazioni instabili. Durante il percorso terapeutico emerge che, da piccola, aveva assistito a conflitti familiari molto accesi, ma aveva sempre “fatto finta di niente” per poter andare avanti. Solo ora, entrando nel mondo adulto e dovendo costruire relazioni affettive stabili, il suo passato torna a bussare con forza, chiedendo attenzione e cura.

Nel caso di Anna, il percorso EMDR ha consentito di depotenziare i ricordi dolorosi, e ha potuto “accogliere” quelle parti di sé che erano rimaste cristallizzate nel dolore, tornando a vivere il presente senza essere costantemente invasa dalle emozioni del passato e con il potere di costruire relazioni affettive più stabili e sicure.

La storia di Anna ci mostra come il lavoro terapeutico non si esaurisca nell’immediato, ma debba accompagnare le diverse tappe evolutive.

Trauma e adolescenza: quando il passato chiede ascolto

È durante l’adolescenza che molte persone si trovano inconsapevolmente a rivivere emozioni antiche: paura dell’abbandono, vergogna, senso di inadeguatezza. Se questi vissuti non vengono riconosciuti e accolti, possono sfociare in sintomi più gravi come depressione, attacchi di panico, comportamenti autolesivi o abuso di sostanze.

Un ragazzo che ha subito maltrattamenti o gravi trascuratezze può, ad esempio, sviluppare una diffidenza generalizzata verso gli altri, rendendo difficile costruire legami significativi proprio nel momento in cui la socializzazione diventa centrale.

Affrontare trauma e adolescenza significa allora non soltanto curare la ferita originaria, ma anche accompagnare il giovane nella costruzione di una nuova narrazione di sé, che includa il dolore senza esserne sopraffatti.

Il passaggio all’età adulta: una seconda sfida

Anche il passaggio all’età adulta può rappresentare un momento di riattivazione delle antiche ferite.

Le responsabilità, la costruzione di una carriera, l’inizio di relazioni stabili, la genitorialità: ogni traguardo può far riemergere sentimenti di paura, insicurezza o impotenza radicati nel passato.

Marco, ad esempio, ragazzo brillante e apparentemente sereno, crollò durante il primo anno di università, sopraffatto da attacchi di panico. In terapia emerse che, da bambino, aveva vissuto l’ospedalizzazione prolungata senza adeguato supporto emotivo. Attraverso l’EMDR, Marco ha potuto rielaborare quei vissuti di solitudine e paura, recuperando un senso di sicurezza interna.

Questo esempio ci ricorda che il trauma non è solo ciò che è accaduto, ma anche, e soprattutto, come è stato interiorizzato e conservato nella memoria emotiva.

La sua storia ci insegna che il trauma non “scade” con l’infanzia, ma resta come una trama invisibile che può riaffiorare anche dopo molti anni, soprattutto nei momenti di maggiore vulnerabilità o cambiamento.

Trauma, adolescenza e oltre: l’importanza di un approccio continuativo

Se vogliamo davvero aiutare chi ha vissuto esperienze traumatiche, dobbiamo pensare in termini di percorso e non di singoli interventi. Il trauma va accompagnato, sostenuto e trasformato lungo tutto l’arco della vita, prestando particolare attenzione alle fasi di passaggio, come trauma e adolescenza, ma anche oltre, nell’ingresso nella piena età adulta.

Se l’adolescenza rappresenta una prima grande sfida, anche il passaggio verso l’età adulta può riattivare antichi nodi non risolti. Il lavoro, la costruzione di una propria famiglia, le responsabilità quotidiane: ogni tappa può diventare un terreno fertile per il riemergere di vissuti traumatici.

Conclusioni

Il nostro compito come terapeuti è quello di avere uno sguardo ampio e sensibile, capace di riconoscere la continuità dello sviluppo e l’impatto a lungo termine delle esperienze traumatiche; il nostro compito è quello di costruire ponti di senso e strumenti di resilienza che possano essere utilizzati nel tempo.

Non possiamo limitarci a trattare il trauma come un episodio isolato, ma dobbiamo considerarlo come un elemento che può intrecciarsi con le diverse fasi della vita, influenzando la costruzione dell’identità e il modo in cui la persona si rapporta al mondo.

Nel contesto clinico, questo significa offrire percorsi terapeutici che non solo aiutino ad elaborare il trauma, ma che diano anche strumenti per affrontare le sfide future, prevenendo possibili riattivazioni. Riconoscere, inoltre, il legame tra trauma e adolescenza, e più in generale tra trauma e sviluppo psicologico, ci permette di non perdere di vista la complessità del vissuto umano e di offrire un aiuto più efficace, rispettoso e umano.

Non è mai troppo tardi per curare una ferita.

Non è mai troppo tardi per ritrovare se stessi.