Come il Trauma influenza il presente e come funziona la terapia EMDR
Autore: Luisa Fossati​ | Psicologia Clinica | Psicologia del Trauma | Psicologia della Salute
15 Aprile 2025

“Non capivo perché, sebbene non volessi continuare quella relazione, non riuscissi a troncarla. Poi ho capito che il mio passato aveva lasciato tracce che mi condizionavano, senza che me ne accorgessi, nelle mie relazioni. Così continuavo a cadere sempre negli stessi errori.”

Queste sono le parole di Marco (nome di fantasia), che alla fine del percorso di terapia EMDR ha cominciato a comprendere meglio come il suo passato influenzasse le sue scelte presenti.

Il trauma non è solo un ricordo lontano: se non viene adeguatamente elaborato, può continuare a condizionare la nostra vita, impedendoci di vivere serenamente. Solo che non ce ne rendiamo conto.

Cos’è il Trauma e come influisce sulla nostra vita

Gli esseri umani hanno un sistema naturale innato che ci permette di elaborare le esperienze che viviamo e trasformarle in ricordi che non ci disturbano più. Questo sistema si chiama sistema dell’Elaborazione Adattiva dell’Informazione (AIP). Immagina, ad esempio, una situazione del passato che ti ha fatto soffrire, come quando una delle tue prime cotte è finita con un “due di picche”. Oggi, se ci ripensi, probabilmente ti fa sorridere. Allora ti ha fatto stare male, ma ora quella situazione ti fa sentire magari un po’ di tenerezza per il ragazzo che eri. Questo cambiamento di prospettiva è il segno che il tuo cervello ha archiviato quell’esperienza nel “passato” e non ti disturba più. È come se l’avesse messa in un archivio, dove, sebbene tu possa ricordarla, non ti ostacola più nella vita di tutti i giorni.

Il trauma, invece, funziona diversamente. È come un’esperienza che il nostro cervello non riesce a “digerire” completamente. Il carico emotivo è talmente forte che il nostro sistema di elaborazione non riesce a gestirlo. Così, quel ricordo non viene messo a posto come gli altri, ma rimane “bloccato” nel cervello, continuando a creare disagio. È come una scatola piena di vecchie cose che non riesci a mettere in cantina e rimane in mezzo alla stanza, facendoti inciampare ogni volta che ci passi vicino.

Esistono due tipi di trauma:

  • Traumi con la “T” maiuscola, come incidenti, lutti, disastri naturali o eventi in cui la vita propria o di un’altra persona è a rischio. Un grave incidente proprio o di un familiare, ad esempio, è un T. Sono i traumi che più spesso si ritrovano nel PTSD (Disturbo Post traumatico da Stress).
  • Traumi con la “t” minuscola, come umiliazioni, relazioni tossiche, bullismo o esperienze infantili negative che, accumulandosi, possono avere effetti altrettanto dannosi sull’autostima.

Molti studi, come quello di Mol et al. (2005), hanno rivelato che eventi traumatici vissuti durante l’infanzia, sebbene non diagnosticabili come PTSD, possono risultare ancora più disturbanti di un PTSD clinicamente diagnosticato. Le esperienze negative accumulate durante l’infanzia hanno un impatto duraturo e profondamente negativo sulla salute mentale delle persone.

Quando un trauma non viene elaborato correttamente, il cervello rimane in uno stato di allerta: eventi o stimoli simili al trauma originale (detti trigger) possono riattivare emozioni, sensazioni e pensieri negativi, come se stesse accadendo di nuovo. Questo meccanismo può portare a stress cronico, ansia, difficoltà relazionali e persino sintomi fisici come insonnia, tensione muscolare o disturbi digestivi. Nel caso di Marco, c’erano numerosi “t” che lo avevano portato ad avere di sé l’dea: “non sono in grado di farcela da solo”. Per questo non riusciva mai a sganciarsi da una relazione anche quando questa era disfunzionale.

Il Trauma come memoria non elaborata

Un trauma non elaborato rimane quindi “congelato” nella memoria sotto forma di immagini, sensazioni fisiche ed emozioni che possono emergere inaspettatamente non appena qualcosa le richiama. Per esempio, una persona che ha vissuto un terremoto potrebbe sentirsi angosciata ogni volta che avverte una vibrazione, oppure chi ha subito umiliazioni in infanzia potrebbe avere difficoltà nel parlare in pubblico per paura delle critiche. Marco, per tornare all’esempio, si sentiva terrorizzato all’idea di rimanere solo.

Queste memorie traumatiche non vengono dimenticate, ma continuano a condizionare il modo in cui percepiamo noi stessi e il mondo, influenzando le nostre scelte e il nostro benessere psicologico. Per il cervello, quindi, il trauma non è un evento passato, ma una realtà ancora attuale.

Come funziona la terapia EMDR?

L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è un trattamento terapeutico scientificamente riconosciuto per il trattamento dei traumi. Utilizza una modalità chiamata stimolazione bilaterale, che consiste tipicamente in movimenti oculari, tocchi alternati sulle mani (tapping) o suoni alternati nelle orecchie. Questi stimoli stimolano entrambi gli emisferi cerebrali, favorendo la comunicazione tra di loro e facilitando l’elaborazione dei ricordi traumatici.

Questa stimolazione simula l’attività cerebrale che avviene durante il sonno REM, la fase in cui il cervello elabora le esperienze vissute. Quando entrambi gli emisferi sono coinvolti, il cervello riesce a ridurre l’intensità emotiva dei ricordi traumatici e a integrarli in modo più funzionale. Il risultato è che il ricordo viene “processato” correttamente, riducendo il disagio emotivo che genera nel presente.

In pratica, è come se il cervello mettesse quel ricordo disturbante in un archivio: sebbene sia ancora possibile ricordarlo, non interferisce più con la vita quotidiana.

L’EMDR si basa su tre fasi principali:

1) Lavorare sul Passato – Riconciliare i fantasmi delle nostre memorie

I vissuti traumatici vengono individuati come se si andasse a comporre una sorta di album fotografico pieno di brutti ricordi. Questi ricordi vengono messi in ordine cronologico per capire cosa ha immagazzinato il cervello e quando. Immaginate di sfogliare poi questo album e trovare una foto che vi fa venire i brividi: quella è probabilmente un’esperienze traumatica che ancora vi tormenta.

In questa fase, il terapeuta aiuta quindi il paziente a individuare i ricordi chiave che causano disagio.

2) Lavorare sul Presente – affrontare le sfide quotidiane con nuove lenti

Alcuni problemi attuali sembrano avere radici nel passato, come piante infestanti che continuano a crescere nonostante i tentativi di sradicarle.

Il terapeuta aiuta il paziente a identificare quelle situazioni presenti che attivano reazioni sproporzionate (i trigger). Per esempio, se una persona ha subito bullismo a scuola e oggi evita le riunioni per paura del giudizio, le riunioni possono considerarsi dei trigger. Per Marco il trigger erano le minacce della compagna di lasciarlo o andare via di casa.

Pensatelo come un aggiornamento del software: una volta rimossi i vecchi bug, le vostre reazioni saranno più adatte al contesto attuale.

3) Lavorare sul Futuro – prepararsi per le avventure che verranno

Infine, l’EMDR aiuta il paziente a costruire nuove strategie per affrontare il futuro senza essere condizionato dai traumi del passato.

Questa fase prevede l’immaginazione guidata di situazioni future che potrebbero essere stressanti. Ad esempio, una persona con ansia da prestazione potrebbe visualizzare se stessa mentre affronta con successo un colloquio di lavoro. Il terapeuta utilizza la stimolazione bilaterale per rafforzare le risorse interne del paziente, aiutandolo a sentirsi più sicuro e preparato.

Lasciare il passato nel passato per vivere il presente

Il trauma, se non adeguatamente elaborato, può continuare a influenzare la nostra vita quotidiana, condizionando le scelte, le emozioni e i comportamenti. La terapia EMDR, grazie alla stimolazione bilaterale, permette di rielaborare questi ricordi traumatici, riducendo la loro intensità emotiva e permettendo al cervello di archiviarli correttamente nel passato. Così, il trauma perde la sua forza, e possiamo finalmente liberarcene, vivendo il presente con maggiore serenità e consapevolezza. La possibilità di lasciare il passato nel passato è una vera e propria opportunità per ricominciare a vivere appieno.

 

BIBLIOGRAFIA

Felitti, V. J., Anda, R. F., Nordenberg, D., Williamson, D. F., Spitz, A. M., Edwards, V., Koss, M. P., & Marks, J. S. (1998). The relationship of adult health status to childhood abuse and household dysfunction. American Journal of Preventive Medicine, 14(4), 245-258

 

Mol, S. S. L., Arntz, A., Metsemakers, J. F. M., Dinant, G. J., Vilters-van Montfort, P. A., and Knottnerus, J. A. (2005). Symptoms of post-traumatic stress disorder after non-traumatic events: evidence from an open population study. Br. J. Psychiatry 186, 494–499. doi: 10.1192/bjp.186.6.494