Quante volte ci siamo detti che per il nostro bene sarebbe utile interrompere questa relazione, ma poi non ci riusciamo?
Ogni tentativo di allontanarsi si infrange contro un muro invisibile ma potentissimo: la colpa. Il senso di responsabilità nei confronti dell’altro, la paura di abbandonarlo al suo destino, il pensiero che senza di noi non ce la farà. Questi sentimenti ci incatenano in relazioni che ci fanno soffrire, impedendoci di liberarci da dinamiche che possono significativamente minare il nostro benessere.
Il triangolo drammatico: vittima, carnefice e salvatore
Molte relazioni disfunzionali si sviluppano all’interno di quello che viene chiamato il “triangolo drammatico” di Karpman, una dinamica in cui si alternano tre ruoli: la vittima, il carnefice e il salvatore. Spesso chi si trova intrappolato in una relazione tossica assume il ruolo di salvatore, cercando di aiutare un partner che appare come una vittima del mondo, della sfortuna o delle ingiustizie della vita. Ma la verità è che in questa dinamica, il vero carnefice non è il mondo crudele, bensì chi manipola la relazione per mantenere il controllo sull’altro.
Quando il salvatore è la vera vittima
Prendiamo il caso di Elena, una mia paziente di 57 anni rimasta vedova molto giovane e madre di un figlio ormai indipendente, che per molto tempo ha vissuto una relazione con un uomo affascinante ma instabile. Lui era sempre in difficoltà: problemi sul lavoro, amicizie che si sgretolavano, un passato familiare difficile. Ogni volta che Elena provava ad allontanarsi, lui la faceva sentire in colpa: “Sei l’unica che mi capisce”, “Se mi lasci, crollerò”, “Dopo tutto quello che ho passato, anche tu mi abbandoni?”. E così Elena rimaneva, convinta che il suo amore potesse salvarlo. Ma il prezzo da pagare era la sua libertà e la sua serenità.
Non era solo la paura di lasciarlo a paralizzarla, ma anche il timore di essere giudicata dagli altri: “E se avessero ragione nel dire che non ho abbastanza pazienza? E se fossi io a sbagliare?”. Questo dubbio logorante è tipico nelle persone che assumono il ruolo di salvatore, ma è fondamentale comprendere che l’amore non dovrebbe mai essere un estremo sacrificio di sé stessi.
La colpa come strumento di controllo
La colpa è una leva potentissima nelle relazioni disfunzionali. Il partner manipolatore la usa per mantenere il controllo, facendoci credere che senza di noi la sua vita precipiterà. Questo meccanismo è particolarmente efficace nelle persone con una dipendenza affettiva, che trovano nella relazione il loro senso di identità e valore.
Un altro caso è quello di Marco, un uomo di 44 anni molto affermato sul versante professionale che per anni ha sopportato umiliazioni e svalutazioni da parte della propria compagna, convinto che lei fosse solo una donna ferita dalla vita. Ogni volta che cercava di lasciarla, lei lo accusava di non essere sufficientemente paziente, di non amarla abbastanza. Marco sentiva di avere una missione: dimostrarle che esisteva un amore capace di guarirla. In realtà, stava solo sacrificando sé stesso per una persona che non aveva assolutamente intenzione di cambiare.
Molti manipolatori affettivi fanno leva sulle insicurezze del partner per tenerlo legato, alimentando il dubbio e la paura di non essere abbastanza. “Se mi lasci, dimostri che non hai mai tenuto davvero a me”, “Tu sei l’egoista, io sono solo una vittima della vita”. Parole cariche di veleno emotivo, che spesso rendono impossibile prendere una decisione definitiva.
Riconoscere il proprio ruolo per spezzare la catena
L’unico modo per uscire da questa dinamica è prendere consapevolezza del proprio ruolo all’interno della relazione. Il salvatore deve riconoscere di essere, in realtà, la vittima. E solo quando si assume questo ruolo con lucidità si può finalmente diventare il vero salvatore: di se stessi.
Prendere coscienza della manipolazione subita è doloroso, ma necessario. Significa rivedere la propria storia con occhi diversi, smettendo di giustificare l’altro e iniziando a riconoscere il proprio valore. Non è un processo immediato, ma è l’unico che permette una reale liberazione.
Come liberarsi dal senso di colpa e chiudere una relazione disfunzionale
-
Riconoscere la manipolazione: Se il partner usa la colpa per farti restare, non è amore, ma controllo. È importante imparare a distinguere tra senso di responsabilità e manipolazione emotiva.
-
Rimodulare la responsabilità: Non sei responsabile della felicità dell’altro, ma solo della tua. Ogni individuo ha il dovere di prendersi cura di se stesso, e non possiamo essere noi a colmare vuoti emotivi che non abbiamo creato.
-
Accettare il dolore della separazione: Chiudere una relazione non è facile, perché il distacco può generare ansia e paura dell’ignoto. È fondamentale accettare che il dolore iniziale è temporaneo e necessario per la propria rinascita.
-
Cercare supporto: Parlare con un terapeuta o con qualcuno che possa dare il giusto supporto aiuta a rafforzare la decisione. Il confronto con altre persone che hanno vissuto esperienze simili può dare forza e consapevolezza.
-
Immaginare un futuro libero: Visualizzare come sarebbe la tua vita senza questa relazione soffocante aiuta a costruire un nuovo progetto di vita. La terapia EMDR, con l’installazione di risorse, può in tal senso essere uno strumento utile per rafforzare questa visione.
-
Lavorare sulla propria autostima: Spesso restiamo intrappolati in relazioni tossiche perché crediamo di non meritare di meglio. Potenziare la fiducia in sé stessi attraverso percorsi di crescita personale aiuta a spezzare il ciclo della dipendenza affettiva.
-
Stabilire confini chiari: Se decidi di chiudere la relazione, evita il contatto con l’ex partner per un periodo sufficiente a ristabilire la tua indipendenza emotiva. Bloccare messaggi e social media può essere necessario per non ricadere nella spirale della manipolazione.
-
Ricordare perché hai scelto di andartene: Nei momenti di debolezza, può essere utile fare una lista dei motivi per cui hai deciso di lasciare quella persona, così da non cadere nel rischio di idealizzarla e tornare indietro.
Conclusione
Non riuscire a chiudere una relazione non significa essere deboli, ma essere intrappolati in dinamiche emotive profonde, spesso alimentate dalla colpa. Il primo passo per liberarsi è riconoscere che il vero atto di amore non è salvare l’altro, ma salvare sé stessi. Solo così si può tornare a vivere una vita piena, libera e autentica.
Se ti rivedi in queste dinamiche, sappi che non sei solo. Il cambiamento è possibile, e meriti di vivere una relazione basata sul rispetto e sull’amore reciproco, non sulla manipolazione e sulla colpa.
